Foglietto settimanale dal 1° Maggio all’ 8 Maggio 2022

Mi fido di te! La parola che guarisce il fallimento.

L’esperienza del fallimento accompagna tutta la nostra vita anche nella relazione con Dio. Siamo fragili, possiamo sbagliare e il fallimento fa parte della nostra realtà di creature, ma non dovrebbe mai avere l’ultima parola: è vero che possiamo sbagliare, ma è anche vero che possiamo ricominciare.

Il Vangelo di questa domenica non mostra solo come Dio ci aiuta a rialzarci dai nostri fallimenti, ma ci insegna anche come ricostruire quelle relazioni che sembrano inesorabilmente spezzate.

Quando siamo delusi da noi stessi, ci rendiamo conto di aver sbagliato, ci sembra impossibile o troppo difficile rimediare, la reazione frequente è quella di provare a dimenticare, eliminando quell’immagine di noi che preferiamo non guardare.

Lo stesso Pietro vorrebbe mettere da parte la sua amicizia con Gesù: torna al suo vecchio mestiere di pescatore, come se volesse riavvolgere un nastro per tornare al punto iniziale con l’intento di dare una direzione diversa alla sua vita. Dietro a Pietro c’è anche una comunità dispersa e incerta che si trova coinvolta nelle sue decisioni, e tutti insieme si ritrovano a vivere, una nuova esperienza di fallimento: anche quella notte non prendono nulla.

Quella rete vuota di pesci, sembra molto simile a quella all’inizio della sequela di Pietro (Lc 5,1-11): quella volta si trattava del fallimento come pescatore di Pietro, adesso si tratta anche di un fallimento relazionale. Pietro ha tradito l’amico e il maestro. Quella rete vuota gli fa sentire forse di più il vuoto del suo cuore. Possiamo provare a dimenticare, ma molte volte le situazioni della vita ci rimettono davanti la realtà con cui dobbiamo fare i conti.

Gesù entra nei nostri fallimenti, ci aiuta a guardarli, a trasformarli, a farli diventare un’occasione di grazia. Non è facile, perché quando siamo delusi e scoraggiati non riusciamo a riconoscere la presenza di Dio nella nostra vita, siamo concentrati solo sui nostri errori e su quella storia che sembra sbagliata.

Gesù invece, invita i discepoli a ritornare con lui in quelle situazioni di fallimento, e l’invita a calare nuovamente le reti. È infatti il discepolo amato che riconosce il Signore, in quei gesti e in quelle parole, lo riconosce perché non è fuggito, è restato ai piedi della croce e ha accolto la madre di Gesù nella sua intimità.

Pietro invece ha bisogno di essere guarito perché il peso del tradimento offusca la sua vista. Il cammino di guarigione di Pietro comincia prendendo consapevolezza del proprio peccato.

Pietro prima di buttarsi in acqua si veste, potrebbe sembrare un gesto incomprensibile e paradossale ma se andiamo al gesto di Adamo dopo il peccato, possiamo forse riconoscere il tentativo di Pietro di coprirsi per la vergogna davanti a Gesù.

Pietro si butta in mare, si getta nella morte, con la certezza che ancora una volta Gesù lo tirerà fuori, offrendogli nuovamente la salvezza.

Nel frattempo però la rete si è riempita: Pietro deve ricordarsi che non è solo, ma ora, che è consapevole della sua fragilità, può davvero prendersi cura della comunità. Pietro trascina a riva la rete piena di centocinquantatré grossi pesci, però quella rete non si spezza così come la tunica di Gesù non poteva essere divisa. Rete e tunica sono immagine della comunità che lungo la storia è diventata oggetto di continui tentativi di lacerazione. Il numero dei pesci potrebbe indicare la presenza di un testimone oculare, ma forse è semplicemente un’allusione alle specie ittiche conosciute a quel tempo, come per dire che in quella rete ci siamo proprio tutti, nonostante le differenze.

Dopo la cena, nella quale Gesù si fa nuovamente riconoscere giunge il momento dell’incontro personale con Pietro. Incontro segnato da tre domande sull’amore che sembrano alludere a quelle tre volte in cui Pietro ha rinnegato Gesù: è un cammino di guarigione. Davanti a colui che lo ha tradito, Gesù non banalizza, non finge che non sia successo niente, ma non indaga, non interroga Pietro nè cerca spiegazioni. Gesù riparte dall’amore: chiede a Pietro cosa è disposto a mettere in gioco in quella relazione.

Guardiamo con attenzione alle tre domande di Gesù rivolte a Pietro:

Prima domanda, Gesù chiede a Pietro “mi ami più di costoro?” Non solo se lo ama con amore, ma se nel suo amore c’è un di più. È una richiesta esigente e molto forte. Davanti a questa domanda, Pietro risponde «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene» che è il verbo dell’amicizia.

Seconda domanda, Gesù rinuncia al di più «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Nonostante ciò, Pietro continua a rispondere «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene», come se non sentisse il verbo usato da Gesù o non riuscisse ad andare al di là di quel generico ti voglio bene.

Terza domanda, Gesù rinuncia anche al verbo amare e usa il verbo di Pietro: «Mi vuoi bene?». Pietro si rattrista, perché si rende conto che Gesù vede in lui delle risorse e una capacità che Pietro invece non riesce a scorgere. Nonostante ciò, dopo ogni risposta di Pietro, Gesù gli consegna il gregge, gli agnelli e le pecore, come a dire: va bene, Pietro, anche se oggi riesci solo a volermi bene, io mi fido lo stesso di te!

Gesù non ci impone uno standard da raggiungere per essere suoi amici. Ciò che gli interessa è la nostra disponibilità a mettere in gioco nella relazione con lui, quello che ci sembra possibile. È per Pietro, l’inizio di un nuovo cammino. Gesù gli chiede nuovamente di seguirlo, ma questa volta, la risposta di Pietro non si basa più sulla sua forza di volontà, si rende conto che il motivo per cui può seguire Gesù sta nel fatto di sentirsi perdonato.

Se all’inizio Pietro credeva di essere capace con le sue forze di seguire il Signore, adesso si rende conto che la sequela è una consegna: lasciarsi guidare, permettendo a Dio di portarci là dove egli vuole.

Pietro ha sperimentato su di sé uno sguardo di misericordia, e ora quello sguardo è affidato alla Chiesa, affinché possa esercitarlo per tutti quei centocinquantatré grossi pesci che stanno nella rete, per tutti, nessuno escluso: questa è la sua missione fondamentale.

Chiediamoci allora: Cosa significa per me guardare i miei fallimenti insieme con il Risorto? Come vivo la mia relazione con Gesù?

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