Foglietto settimanale dal 5 al 12 Maggio 2024 – VI Domenica di Pasqua – Anno B

Guadagnarci o perdere: c’è una misura nell’amore?

Sebbene a volte usiamo le parole con superficialità, esse in realtà sono sempre un impegno. La parola rappresenta uno spazio, mette dei confini, aspetta di essere resa vera dai fatti: una parola che non si compie, è una parola disattesa, è una delusione, è un impegno mancato, dice che siamo stati poco attenti e a volte addirittura dice che non abbiamo amato.

Ecco allora che i comandamenti sono parole che impegnano, ci dicono i confini della relazione con Dio, sono i criteri per verificare se siamo ancora in quella relazione o ne siamo usciti. Ascoltare e vivere quelle parole, è la fonte della nostra gioia!

Gesù stesso ci invita a vivere quelle parole, non per renderci suoi schiavi ma perché vivendole troviamo la pienezza di noi stessi, la nostra piena realizzazione. Attenzione quindi a saper discernere le parole che ascoltiamo per evitare di venire ingannati, delusi, svuotati, resi tristi.

Gesù ci invita ad amarci tra noi, aggiungendoci però un “come” fondamentale perché diversamente rischieremmo di giocare al ribasso o di tendere alla competizione: «amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato». Il criterio indicato da Gesù è lui stesso, è il suo modo di amare, non deve interessarci come ci sta amando l’altro, noi dobbiamo guardare a Gesù: «li amò fino alla fine».

Ma se non abbiamo sperimentato l’amore di Gesù, non l’abbiamo vissuto in prima persona, diventa impossibile capirlo e si resta solo dei mercanti, dei commercialisti dell’amore, interessati solo a fare sì che i conti tornino e soprattutto senza mai perderci niente, ma questa non è la logica di Gesù.

«Non vi chiamo più servi… ma vi ho chiamato amici…» L’amico è colui che sta nella relazione in maniera gratuita, gioisce al vedere l’amico, non si preoccupa del tempo che spende per l’altro.

L’amico non giudica, ma è capace di vedere nell’abisso del nostro cuore e di rimanerci ugualmente vicino. L’amico non ci sta accanto per interesse e non fugge quando si profila la sconfitta.

Essere servo invece vuol dire essere animato da sentimenti di paura, di insofferenza: paura di essere licenziato, di essere punito; vive la presenza del padrone come un peso, resta nella relazione finché gli conviene… purtroppo a volte, viviamo la nostra relazione con Dio come da servi.

Il Signore invece ci ha scelti per amore, e donarci la pienezza di una relazione sana e questa esperienza è fondamentale per portare agli altri l’annuncio del Vangelo. Portare il Vangelo significa testimoniare con la vita che è possibile amare così, amare gratuitamente, senza farsi i conti, ma se non ci siamo accorti di essere amati così da Dio, non avremo molto da annunciare.

 

Chiediamoci allora: Io che relazione vivo con Dio, da amico o da servo? Qual è il mio modo di amare?

VI Pasqua_2024

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