Cornelius M. Uzoma – Perché ho scelto di diventare Servo di Maria

«Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri». (Gv 15, 16-17)

Dico sinceramente che queste parole di Gesù nel vangelo di Giovanni mi hanno fatto un sacco di bene fin dal quando ho scelto di diventare un frate Servo di Maria.

Prima di tutto: mi chiamo fra Cornelius M. UZOMA, sono nato in Enugu state in Biafra. Attualmente vivo l’esperienza religiosa comunitaria e pastorale nella comunità di Santa Maria in via a Roma. In questi anni, come frate Servo di Maria, ho fatto l’esperienza della vita comune, dello sviluppo integrale del Servo di Maria, della vita pastorale cominciando dal collegio internazionale di Sant’Alessio Falconieri a Roma e sempre qui nella parrocchia Santa Maria in via. Mi sto specializzando in Teologia pastorale all’Università di san Giovanni Laterano e allo stesso tempo vivo l’esperienza della vita comune seguendo l’esempio dei nostri Sette Santi Padri nella ricerca di un’amicizia fraterna, nel dono e nell’accettazione di ciascuno con le sue qualità e i suoi limiti.

L’educazione in famiglia e l’incontro con la famiglia dei Servi di Maria

Fin da quando sono nato e dopo la mia adolescenza, ho avuto la fortuna di essere educato e istruito in una conoscenza della morale cristiana, su come comportarmi bene. Quindi, posso testimoniare che la mia esperienza fin dall’infanzia si è sempre basata su di un’educazione morale che mi ha fatto essere quello che sono oggi. La mia famiglia è una famiglia cattolica, molto devota alla Beata Vergine Maria Madre di Dio. Ho avuto anche la fortuna di essere nato in una famiglia consacrata alla beata vergine Madre di Dio e a San Giuseppe, maestro di tutta la famiglia. Posso definire la mia famiglia come quella della Sacra Famiglia di Nazareth perché la pace ed il timore di Dio regnano in essa. Nonostante le grandi sfide della vita, nonostante le difficoltà, Dio ha sempre dato a mio padre e a mia madre il coraggio di crescere i figli alla luce di una buona educazione, morale e rispettosa della fedeltà e del timore di Dio. Anche i miei confratelli più grandi, in realtà, hanno contribuito a rendere la mia vita quello che è oggi: ringrazio Dio perché mi hanno aiutato nelle mie esigenze, che Dio li benedica sempre.

Conoscere l’ordine dei Servi di Maria è stata una grazia divina: sono stati i confratelli che mi hanno spiegato in modo profondo il carisma dell’ordine. Si tratta di un servizio basato sull’accoglienza dei fratelli, specialmente dei più bisognosi, sull’impegno apostolico, in particolare quello missionario, sullo studio e sull’impegno ad avere con tutti “solo rapporti di pace, di misericordia, di giustizia e di amore costruttivo”, e poi, sulla devozione alla Vergine Maria, venerata in particolare con il titolo di Addolorata, e sull’invito alla conversione. Ecco perché la mia scelta è stata di legarmi al carisma dei Servi di Maria per essere felice e dedicare la mia vita al servizio dell’umanità, per sempre.

Io sono stato attratto dall’Ordine dei Servi di Maria per i loro obiettivi principali: la promozione della devozione alla Beata Vergine Maria Addolorata, la fraternità con i laici, il sostegno al ministero sacerdotale e la promozione alla conversione quotidiana. So che le opere dei Servi sono impegnate nel lavoro missionario con i poveri in alcune parte del mondo sia negli Stati Uniti che in America Latina, in Asia ed in Africa; un altro degli obiettivi dell’Ordine dei Servi è promuovere la fraternità con le suore e con i laici che partecipano al carisma dei Servi. Alla base della mia attrazione per i Servi di Maria stava dunque il loro carisma e il loro modo di vivere. Quindi, mantengo questo desiderio di servire seguendo lo stile di vita dei Sette Santi fondatori e dei buoni esempi di alcuni frati che mi hanno preceduto nel cammino.

Il mio più grande interesse riguarda la fraternità osservata dai Frati Servi di Maria; il loro stile di vita è infatti stato condiviso con le suore ed terziari laici della chiesa il cui Ministero è rappresentare Cristo e la sua Chiesa, rendergli testimonianza ovunque si trovino e, secondo i doni loro dati, portare avanti l’opera di riconciliazione di Cristo nel mondo.

La vita religiosa ha ancora grande significato oggi, per questo la mia vocazione è cresciuta fino a decidere di diventare un frate Servo di Santa Maria. La scelta di farmi frate nell’Ordine dei Servi di Maria, può sembrare una scelta limitante, per il fatto che era un percorso iniziale. Ma la vita religiosa, vissuta come dono di Cristo e per Cristo, apre a una dimensione liberante e felice, mi permette di vivere maggiormente la mia donazione totale a Cristo e alla Chiesa ed essere fino in fondo fratello di tutti e per tutti. Certo, è una scelta non facile, che ha bisogno di un quotidiano rinnovo e impegno, ma non è poi tanto diversa dalle difficoltà che una coppia sperimenta nel vivere la fedeltà reciproca ogni giorno. La maggior parte della scelta di farmi frate Servo di Santa Maria è in collegamento con la devozione totale alla Beata Vergine Addolorata, di impegnarmi in modo totale per l’umanità e realizzare che la conversione quotidiana è un percorso graduale che mi fa arrivare fino alla mia destinazione futura seguendo la volontà ed il disegno di Dio.

La mia vocazione: un dono divino e non un progetto

Esplicitamente ed intensamente la vocazione è un dono di Dio offerto liberamente all’uomo e si colloca per natura nel piano del mistero; la vocazione è un mistero di fede e di amore. Perciò ci ha insegnato il nostro Signore Gesù Cristo: Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe! (Mt 9, 37-38; Lc 10, 2).

Ogni vocazione è un atto irripetibile dell’amore di Dio. E dobbiamo capire che la chiamata di Dio è interiore. È Lui, infatti, che suscita il desiderio di abbracciare la vita consacrata ispirando le anime ad amarlo e seguirlo più da vicino fino alla morte.

Tale desiderio è una vera e propria chiamata divina, la quale non può essere paragonata ad un desiderio naturale ma va oltre la natura e proprio per questo va seguita immediatamente. Le parole di Gesù nel Vangelo: «se vuoi essere perfetto, va, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi” (Mt 19, 21) sono valide per tutti i tempi, così come sono vere le parole “chiunque avrà lasciato case, o fratelli … per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna” (Mt 19:29).

L’interpretazione di questo brano del Vangelo ci insegna che tutti devono accogliere il consiglio che Cristo diede al «giovane ricco» come se venisse dalle stesse labbra del Signore ed il perché viene spiegato chiaramente da S. Girolamo, il quale afferma: «Avendo ascoltato la sentenza del Signore “se vuoi essere perfetto, va’, vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri e poi vieni e seguimi” – metti in pratica questi insegnamenti e seguendo nudo la nuda Croce salirai con più prontezza la scala di Giacobbe»[1]. Allora si può chiaramente affermare che tutti coloro che sono spinti o attratti in qualche modo da queste parole di Gesù possono credere di possedere la vocazione religiosa.

In seguito possiamo vedere con la chiarezza che la vocazione non è un progetto ma un dono divino, è proprio una cosa che viene da Dio, cioè una chiamata che si riceve, non si usurpa. Occorre servire i fratelli, non pretendere di essere serviti. Sull’esempio di Gesù, papa Francesco, è stato severissimo con chi ha violentato, umiliato, scandalizzato i piccoli. La Chiesa non è proprietà privata, non è un rifugio, non è un trampolino di lancio, non è una casta. La Chiesa “colonna e sostegno della verità” è la Sposa di Cristo, il popolo che Dio si è acquistato con il suo sangue. Questa Chiesa vogliamo servire.

La vocazione come un dono divino: che cosa si intende?

Vedendo il magistero ed alcuni insegnamenti della Chiesa in maniera approfondita, si comprende che essa ha una dimensione vocazionale, implicita già nel suo significato etimologico: «assemblea convocata» da Dio. La vita cristiana partecipa a sua volta a questa stessa dimensione vocazionale che caratterizza la Chiesa. Nell’animo di ogni cristiano risuona sempre e nuovamente quel «seguimi» di Gesù agli apostoli, che cambiò per sempre la loro vita (cfr. Mt 4, 19).

La vocazione non è frutto di un progetto umano o di un’abile strategia organizzativa. Nella sua realtà più profonda, essa è un dono di Dio, un’iniziativa misteriosa e ineffabile del Signore, che entra nella vita di una persona seducendola con la bellezza del suo amore e suscitando di conseguenza un donarsi totale e definitivo a questo amore divino (cfr. Gv 15, 9.16). Bisogna tenere sempre presente il primato della vita dello spirito come base di ogni programmazione pastorale.

Papa Benedetto XVI dice che: «È necessario offrire alle giovani generazioni la possibilità di aprire il proprio cuore a una realtà più grande: a Cristo, l’unico che può dare senso e pienezza alla loro vita. Dobbiamo vincere la nostra autosufficienza e andare con umiltà dal Signore, supplicandolo di continuare a chiamare molti. Ma allo stesso tempo il rafforzamento della nostra vita spirituale ci deve portare a identificarci sempre più con la volontà di Dio e a offrire una testimonianza più nitida e trasparente di fede, di speranza e di carità. Certamente, la testimonianza personale e comunitaria di una vita di amicizia e d’intimità con Cristo, di totale e gioioso dono di sé a Dio, occupa un posto di prim’ordine nell’opera di promozione vocazionale. La testimonianza fedele e gioiosa della propria vocazione è stata ed è un mezzo privilegiato per risvegliare in tanti giovani il desiderio di seguire i passi di Cristo, come pure il coraggio di proporre con delicatezza e rispetto la possibilità che Dio chiami anche loro. Spesso la vocazione divina si fa strada attraverso una parola umana o grazie a un ambiente in cui si sperimenta una fede viva. Oggi, come sempre, i giovani sono sensibili alla chiamata di Cristo che li invita a seguirlo».[2]

Concludo ringraziando il Signore per il dono della vocazione e della vita fraterna: mi ha concesso di diventare un frate nell’Ordine dei Servi di Maria non per il mio merito ma per la bontà e la misericordia di Dio operata attraverso i miei superiori e maestri che mi hanno accompagnato fino ad oggi. Gesù ci chiama ad una grande amicizia. Viene a noi per farci come Lui e donarci una vita santa, una vita che dura per sempre. Si è fatto uomo per incontrarci e ci ha dato l’Eucaristia per rimanere con noi sempre. Quindi voglio ringraziare insieme a voi Gesù per i suoi doni e chiedergli che ci aiuti a rispondere con gioia alla sua amicizia affinché l’esempio dei nostri Sette Santi fondatori sia un modello per noi da seguire per tutta la nostra vita, vivendo un cuor solo ed un’anima sola con il rispetto reciproco verso gli uni e gli altri Amen.

Cornelius M. Uzoma, OSM.

Giovane frate dell’Ordine dei Servi di Maria, risiede nel convento di Santa Maria in via a Roma, specializzando in Teologia pastorale al Pontificio Istituto Pastorale “Redemptor Hominis” dell’Università Lateranense di Roma.

[1] S. Girolamo. Temperamento e santità. a cura di Francisco Moreno, Città Nuova, 1989.

[2] Discorso nella sessione inaugurale della V Conferenza Generale, Aparecida, 13 maggio 2007.