Foglietto settimanale dal 19 al 26 Giugno 2022

Quando senti che la tua vita non interessa a nessuno

Tutti noi attraversiamo zone di deserto, nella vita personale, nel cammino di coppia, di comunità, ecc. e in questi momenti è facile sperimentare la solitudine, lo smarrimento. Si fa buio, e presi dall’angoscia, tutto sembra finire, senza riuscire a trovare una via d’uscita. Possiamo aver fatto anche esperienza di Dio, essere colpiti dalla sua parola, aver fatto esperienza della guarigione, ma ciò non toglie che ci sentiamo persi quando Dio sembra assente.

Dio è passato nella mia vita, ma adesso come farò ad uscire da questo deserto?

Il testo di Luca ci interpella in modo particolare sul compito della Chiesa davanti a questo smarrimento della folla. Non c’è dubbio che i Dodici manifestino una certa stanchezza, stare dietro a Gesù è impegnativo, e magari oltre a riposarsi e mangiare, desiderano vivere anche un tempo di intimità con il Maestro.

È comprensibile che sentano la loro stanchezza, ma colpisce che non sentano la compassione per la stanchezza degli altri, la vedono, ma non la sentono come un loro problema, un loro compito. Comprendono che la gente ha bisogno di cercare da mangiare e chiedono a Gesù di lasciare libere le persone per andare a trovare altrove una risposta alla loro fame.

Non vedono una relazione tra l’insegnamento di Gesù e il problema concreto della fame della gente.

Le parole di Gesù sono solo consolatorie, di incoraggiamento, di sostegno, ma che poi la vita va vissuta altrove con i suoi problemi?

È facile capire l’atteggiamento dei Dodici se restiamo all’interno della logica mondana, quella del comprare, ma il verbo utilizzato da Gesù è diverso: Gesù, li invita a dare.

I Dodici hanno tutto quello che serve, ma non se ne accorgono: cinque pani + due pesci, cioè sette elementi e nella Bibbia il numero 7 rappresenta la pienezza!

Non hanno compreso, o meglio non credono ancora, che Gesù è la risposta alla fame della gente.

È fantastico il gioco dei verbi usato da Luca. Gesù: alzò gli occhi, recitò la benedizione, spezzò i pani, ma ora cambia il tempo del verbo: “e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla”: per indicare che quell’azione, iniziata in quel momento, continua nel tempo.

Da allora in poi Gesù continua a dare il pane ai discepoli affinché li distribuiscano.

Ma emerge da una lettura non superficiale un altro particolare degno di nota: i pani vengono dati non solo ai Dodici, protagonisti della prima parte del testo, ma ai discepoli, cioè a un gruppo più allargato, a cui è affidato questo compito.

I pani e i pesci non sono moltiplicati (come di solito si usa dire), ma vengono distribuiti: il miracolo vero sta nella condivisione.

Da questa condivisione, da questa logica nuova, nasce il nuovo popolo di Dio: avanzano dodici ceste, affinché ciascuno dei Dodici porti con sé il segno di quello che è accaduto.

È un popolo nuovo rispetto quello che ha attraversato il deserto con Mosè di cui possiamo troviamo un rimando in Es 18,25 relativo alla formazione di gruppi di cinquanta persone. Ma è anche un popolo nuovo perché non ha più bisogno di mangiare in fretta, in piedi come nell’ultima cena in Egitto, ma può mangiare sdraiati con calma.

Questo testo risuona come un appello a tutta la Chiesa, e quindi a tutti noi, a interrogarci su come stiamo distribuendo il pane che Gesù mette nelle nostre mani. È un invito a riscoprire il valore del sacerdozio comune che tutti abbiamo ricevuto nel battezzato, a cui tutti siamo chiamato a partecipare e condividere. È pure un invito a riscoprire il senso del sacerdozio ordinato, non come un privilegio, una funzione o una professione, nella quale si può essere più o meno bravi, ma bensì un legame impegnativo tra il discepolo e Cristo.

Questa festa è anche un appello, per ogni persona, a interrogarsi su dove andiamo a cercare le risposte alla nostra fame, soprattutto quando attraversiamo i deserti della nostra vita.

Chiediamoci allora: nella mia vita quale spazio riservo all’Eucaristia? Mi prendo cura della fame degli altri?

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