Foglietto settimanale dal19 al 26 Settembre

Devo essere il migliore! La forza della paura

È difficile sperare nella risurrezione quando davanti a noi ci sono i segni della morte. Quando attraversiamo il tempo del dolore innocente, della sofferenza gratuita e dell’ingiustizia, è difficile continuare a sperare e avere fiducia: tutto sembra finito!

Quando Gesù parla della sua passione, i discepoli si concentrano su quell’orizzonte di morte, al punto che risuona nel loro cuore, con più forza della promessa della risurrezione. Così è anche nella nostra vita, nelle avversità, siamo più inclini alla tristezza, allo sconforto e facciamo fatica a mantenere la certezza che Dio non ci abbandona.

Il tempo del buio, descritto dal libro della Sapienza, è spesso il tempo dell’ingiustizia, quello in cui il giusto è messo alla prova: quante volte abbiamo pensato che sono proprio i buoni a essere trattati male dalla vita e dagli altri? Oppure, al contrario, quelli che sono spregiudicati, violenti e cattivi hanno sempre la meglio?

Chi dice la Sapienza che il giusto è messo alla prova perché il suo comportamento infastidisce, ricorda al cattivo come vivere bene, come essere migliori. Quando il cattivo non ci riesce, risolve il problema eliminando chi gli fa da specchio.

In questo testo il cattivo è anche il potente, colui che ha il potere di fare del male. Anzi, questo male lo commette solo per il gusto sadico di vedere fin dove il giusto resiste. La storia, anche quella recente, ci ha insegnato purtroppo quanto l’uomo può diventare disumano!

Il passo del Vangelo di Marco ci fa percepire il dolore di Gesù. Gesù prova a condividere con i suoi amici, i discepoli, il suo dolore. Invece i discepoli, rivelano tutta la loro distanza: il loro cuore è da un’altra parte, abbandonando il Maestro alla sua profonda solitudine. La loro reazione davanti alla futura sofferenza di Gesù è quella di discutere su chi fosse il più grande: una vera disputa! La disumanità si esprime in tanti modi.

Tutti noi frequentiamo o conosciamo ambienti dove la dinamica fondamentale è quella della competizione, dove si sgomita e si diffama l’altro solo per emergere il più possibile.

Fin da piccoli, dai primi anni di scuola ci hanno fatto credere che l’obiettivo della vita è quello di emergere sugli altri. Abbiamo imparato a mettere in atto strategie per eliminare i potenziali avversari. Ci siamo nutriti di gelosie, di invidie, di critiche, quando i migliori non eravamo noi.

Siamo cresciuti nella convinzione (demoniaca) che l’altro è un avversario da eliminare: dobbiamo distruggere, perché noi dobbiamo emergere, altrimenti non valiamo niente. Ma questa è una voragine di competizione che ci lascerà sempre più vuoti, insoddisfatti, soli.

Ai discepoli, Gesù non chiede compassione né reclama attenzione, ma coglie l’occasione per insegnare quale sia il vero senso della vita: prende un bambino e lo abbraccia!

Il bambino è una persona disarmata, inerme, debole. Non può fare grandi cose, ma può lasciarsi abbracciare. Lo scopo della vita allora non è conquistare spazi, ma lasciarsi abbracciare da Dio, riconoscere la propria piccolezza.

Chi non riconosce la propria fragilità, non si lascia neanche abbracciare da Dio.

Tutti vogliamo essere grandi, adulti, sicuri di noi, ma attenzione a non allontanare Dio dalla nostra vita, pensare di darci la Salvezza da soli.

Quel bambino rappresenta anche quelli che stanno intorno a noi e che di solito vediamo come avversari: in realtà, se guardati con Amore, scopriremo che sono bambini da accogliere.

Quante volte scopriamo che dietro un adulto violento e aggressivo si nasconde un bambino che non è stato abbracciato.

Oggi siamo invitati a cambiare lo sguardo su di noi e sugli altri. Gesù chiede di non essere in competizione con noi stessi, di non vedere l’altro come avversario da eliminare: questo è un pensiero demoniaco! L’altro, ci dice Gesù, è un bambino da accogliere.

Chiediamoci allora: Come reagisco davanti alla sofferenza del giusto?

Mi impegna a non vedere gli altri come avversari da eliminare?

XXV Domenica T.O

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