Scoprire quello che c’è nel cuore: guarda cosa ho trovato!
Sir 27,5-8 Sal 91 1Cor 15,54-58 Lc 6,39-45
Il setaccio chi se lo ricorda? Usato dalle casalinghe per togliere l’impurità dalla farina che se lasciate rovinerebbero la pasta, ma usato anche dai cercatori d’oro per setacciare la sabbia del fiume, nella speranza di scoprire qualcosa di prezioso…
Quando si scuote un setaccio restano i rifiuti; così quando un uomo discute, ne appaiono i difetti (Sir 27,4).
Il libro del Siracide ci insegna che la nostra vita è il setaccio attraverso cui, scopriamo quello che portiamo nel nostro cuore, desideri, pensieri, sentimenti: il setaccio diventa il simbolo del discernimento. Questo è il tema che emerge dalle letture di questa domenica: i nostri gesti, i nostri discorsi, il nostro comportamento non sono casuali, nascono da quello che abbiamo seminato dentro di noi.
Gesù stesso ci richiama a questa relazione molto stretta tra cuore, bocca, mani.
La nostra interiorità assomiglia a una camera affollata, in disordine, dove diventa complicato cercare quello che serve, ma soprattutto può diventare un luogo in cui il male si annida e si confonde, e in una stanza non curata a volte si nascondono tracce di cibo che imputridiscono, ne sentiamo il puzzo, ma non riusciamo a trovarle.
«La sobrietà è una sentinella immobile e costante dello spirito, che sta sulla porta del cuore per discernere diligentemente i pensieri che si presentano, per ascoltare i loro progetti, spiare le manovre di questi nemici mortali e riconoscere l’impronta demoniaca che tenta, mediante la fantasia, di sconvolgere lo spirito. Questa attività, condotta avanti con coraggio, ci darà, se lo vogliamo, un’esperienza molto accorta del combattimento spirituale», insegnavano Esichio il Sinaita
Chi è ossessionato e fissa lo sguardo solo sulla vita degli altri, finisce per perdere la vista sulla propria; ma chi si occupa del proprio cuore, non ha tempo per fissare lo sguardo sulle azioni degli altri. Quando non guardiamo più al nostro cuore diventiamo ciechi, ma in questo sguardo su di noi o sugli altri, sta l’alternativa tra la misericordia e il giudizio.
Ignorando quello che abita nel nostro cuore, ci chiudiamo all’azione della grazia e pretendiamo di dirigere la vita degli altri solo con la giustizia.
I falsi maestri molto spesso sono tra noi credenti: sono coloro che pretendono di applicare il Vangelo solo agli altri, non vedono più se stessi, vivono ossessionati dalla vista degli altri.
Se dalla nostra vita nascono dei frutti non buoni (invidia, egoismo, rabbia, maldicenza…), sarebbe utile andare a vedere cosa li ha generati!
Gesù utilizza queste immagini per anticipare quello che sarà il frutto dell’albero della croce: la croce è l’albero da cui scaturisce il frutto che dà vita e annulla il peccato, frutto velenoso che Adamo ed Eva hanno immesso nel mondo.
Il sangue che scaturisce dalle ferite di Cristo è il vino della nuova alleanza, il vino della promessa che ci permette di entrare nella Vita per sempre.
Chiediamoci allora: Cosa traspare di me, dal modo in cui mi comporto? Sono consapevole di quello che abita e si muove nel mio cuore?
VIII_Tempo_Ordinario